martedì 19 ottobre 2010

IL PRIMO LIBRO DELLA STORIA

 
“Seguitava a piovere da giorni,
un vecchio armato di ombrello e di bastone
cercava lentamente nei dintorni,
l’entrata di un negozio o di un portone.
  
Gruppetti inquieti di colombe,
sopra un ferreo recinto nero di un giardino
lanciavano occhiate alle tombe,
mentre il vento turbinava lì vicino.
 
Girava intorno all’albero il mio bambino,
vedevo il suo sorriso entusiasmante,
sentivo del tempo mio il declino
ma amandolo non sembrava poi pesante.
 
Dal primo uomo all’ultimo
che d’infinito amor è stato cosciente,
il tempo ha regalato un intimo
immortale esempio, di come 
“sia per sempre”.
 

È dunque, questo spazio e questo tempo
in cui la vita è solo un aggettivo,
diluito in un breve incalcolabile momento
ad essere l’incompreso sostantivo?
 



Ho così riletto l’inizio della vita,
scoprendo senza gioia e con tormento
quella parola breve indefinita,
che senza meno porta allo sgomento.
 

La morte, 
che è dell’esistenza il significato stesso,
riapre l’eterno enigma millenario,
se prima della vita senza sesso
esistesse un luogo, un come
o un calendario.

 
Quanto di te figlio mio mi appartiene?
La stessa aurora splende nei tuoi occhi,
ora vado, tu prendi la vita come viene.
Intorno, delle campane, 
gli ultimi rintocchi”
 

R. Ceccacci
 
(maggio 2010)

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